Parla, mia paura, Simona Vinci

L'ansia, il panico, la depressione spesso restano muti: chi li vive si sente separato dagli altri  e  incapace di chiedere aiuto. Ma è solo accettando di "rifugiarsi nel mondo" e di condividere la propria esperienza che si sopravvive. La stanza protetta dell'analista e quella del chirurgo estetico, che restituisce dignità a un corpo di cui si ha vergogna, l'inquietudine della maternità, la rabbia della giovinezza, fino allo strappo iniziale da cui  forse  tutto  ha  avuto  origine.  Scavando dentro  sé  stessa, Simona Vinci  ci  dona uno specchio in cui rifletterci. È cominciata con la paura. Paura delle automobili. Paura dei treni.  Paura delle luci troppo forti. Dei luoghi troppo affollati, di quelli troppo vuoti, di quelli troppo chiusi e di quelli troppo aperti. Paura dei cinema, dei supermercati, delle poste, delle banche. Paura degli sconosciuti, paura dello sguardo degli altri, di ogni altro, paura del contatto fisico, delle telefonate. Paura di corde, lacci, cinture, scale,  pozzi,  coltelli. Paura di stare con gli altri e paura di restare da sola.  Nel  posto  in  cui  vivevo allora arrivava il richiamo lacerante dei piccoli rapaci notturni nascosti tra i rami degli alberi. Di notte, l'inferno indossava la maschera peggiore.

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